
Bologna, novembre 1325.
Una serie di sanguinosi omicidi, un dilemma che inchioda chi è chiamato a investigare, un mistero difficile da risolvere. In un duello a distanza contro tutto e tutti, il Vicario di Giustizia Jacopo Lamberti dovrà scoprire chi si nasconde dietro l’enigmatico assassino che colpisce di notte e infierisce sulle vittime senza un motivo apparente.
Jacopo tenterà di fermarlo a ogni costo, ma prima dovrà misurarsi con i demoni che albergano nel suo cuore.
Recensione
Il soffio della morte di Francesco Grimandi è un thriller storico che ci riporta all'Italia del Trecento, in un periodo segnato dalla devastazione della peste nera e da complotti mortali. Grimandi, noto per la sua scrittura dettagliata e la profonda conoscenza della storia medievale, combina in questo romanzo una trama avvincente con un'ambientazione cupa e vivida, creando un'opera che affascina e coinvolge il lettore dall’inizio alla fine.
Trama e contenuto
Il romanzo segue le vicende di un investigatore improvvisato, un medico o speziale di nome Gualtiero de’ Bruni, che si ritrova coinvolto in una serie di omicidi misteriosi in una città italiana flagellata dalla peste.
Mentre la morte serpeggia ovunque e il clima di sospetto diventa opprimente, Gualtiero cerca di svelare il responsabile di questi crimini. La ricerca di indizi, intrighi politici e rivalità religiose si intrecciano con le paure irrazionali legate alla peste, facendo emergere una serie di verità pericolose e segreti oscuri.
La capacità di Grimandi di mantenere alta la tensione è notevole, così come la sua abilità nel dipingere i personaggi, tutti delineati con grande precisione psicologica.
Ogni figura, anche quelle secondarie, rivela aspetti della società del tempo, con un realismo che trasporta il lettore nel cuore della scena. Il protagonista, Gualtiero, è un personaggio complesso: una mente razionale e inquisitiva in un'epoca dominata dal fanatismo religioso e dal terrore della morte, caratteristiche che lo rendono particolarmente affascinante.
Stile e tono
Grimandi ha un'abilità narrativa che emerge soprattutto nel suo uso sapiente del linguaggio. La prosa è ricca e dettagliata, ma mai appesantita da descrizioni superflue. L'autore riesce a evocare immagini potenti con pochi tratti precisi, rendendo tangibile l'oscurità e la paura che aleggiavano sulle città medievali durante l’epidemia di peste.
Il ritmo della narrazione è sostenuto, grazie a una struttura che alterna momenti di azione e scoperta a passaggi più riflessivi e introspettivi. Questo bilanciamento permette di immergersi nel dramma storico senza perdere il gusto della suspense, tipico di un buon thriller.
Aneddoti e curiosità
Uno degli aspetti più curiosi legati alla stesura di Il soffio della morte è il lungo periodo di ricerca storica che Grimandi ha dedicato prima di scrivere il romanzo.
Pare che l’autore abbia trascorso diversi mesi consultando documenti d'archivio, studiando la medicina medievale, la vita dei monaci e la struttura delle città italiane nel periodo della peste. Questa ricerca accurata ha contribuito a creare un’ambientazione precisa e realistica, facendo sì che ogni dettaglio risulti autentico.
Un aneddoto interessante riguarda un episodio avvenuto durante la fase di ricerca: Grimandi racconta di aver trovato in un antico documento di archivio una serie di annotazioni fatte da un medico dell'epoca, che descrivevano sintomi della peste che ricordavano in modo inquietante alcune delle scene più vivide del libro. Questo ritrovamento sembra aver ispirato direttamente alcuni passaggi del romanzo, contribuendo a intensificare il realismo e l’atmosfera cupa del racconto.
Inoltre, si dice che Grimandi abbia scelto il titolo Il soffio della morte per richiamare l’idea del "soffio pestilenziale" che molti medici del Trecento temevano, immaginando che la peste si diffondesse attraverso un miasma invisibile.
Questo concetto, evocativo e suggestivo, è presente nelle descrizioni della città malata, quasi fosse un organismo vivente e velenoso.
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